SAINT SEIYA CHRONICLES:
FIRST BLOOD

CAPITOLO F.20
LA RICHIESTA


 
Filippide, dopo aver incontrato un altro strano personaggio lungo la strada che congiunge Sparta ad Argo, raggiunge infine la sua destinazione…
Filippide: Uff, quel crestone mi ha fatto perdere fin troppo tempo. Devo incontrare i due re al più presto! [vedi note]
Dienece (concitato): Ehi, tu! Sei ateniese, non è vero? Hai notizie di Atene, per caso?
Filippide: Soldato, portami subito dai tuoi re. Ho un messaggio urgente per loro!
 
Poco dopo, presso le sale dei due Re di Sparta…
Dienece: Miei re, c’è un messaggero ateniese che vuole conferire con voi.
Leotichide: Fallo entrare.
Dienece ritorna sui suoi passi, recupera Filippide e lo accompagna dai due re.
Dienece: Miei re, chiedo di assistere all’incontro. Non vorrei che l’ateniese nascondesse qualche sorpresa.
Leotichide: Qualche sorpresa, dici?
Dienece: Sì, mio signore. Non solo non c’è troppo da fidarsi degli Ateniesi di per sé, ma per giunta ho sentito voci di numerosi Berserker che si aggirano per l’Ellade sotto false spoglie.
Leotichide: Dienece, ti ricordo che sia io che Leonida siamo due Gold Saint. Sapremo benissimo cavarcela sia di fronte a un Silver Saint ostile che a un Berserker camuffato. Ora vai.
Dienece: Insisto.
Leotichide: Uff… Dienece, non ho chiesto un tuo parere. Io ti sto ordinand…
Leonida: Lascialo stare, Leotichide. Lascia che resti qui con noi. Messaggero, porti forse un messaggio che è meglio non venga ascoltato da un semplice oplita?
Filippide: No, signore. Non credo ci siano problemi se ascolta anche lui.
Leonida: Benissimo. Procedi, dunque.
Filippide: O Re di Sparta, gli Ateniesi vi scongiurano di accorrere in loro aiuto e di non permettere che una città tra le più antiche che ci siano in Grecia cada in schiavitù di uomini barbari.
Leotichide: Quindi è arrivato il giorno del grande scontro tra civiltà. Lo si attendeva da tempo e, infine, si è giunti proprio ora a battaglia. Potrebbe essere un problema.
Filippide: Un… problema…?
Leotichide: Comprendo bene quanto il momento sia delicato e che mettere da parte le incomprensioni tra Atene e Sparta sia quantomeno necessario e d’obbligo. Non è per noi un problema fornirvi un contingente di uomini armati. È però un problema fornirvelo in questo istante.
Leonida: Leotiochide, io credo che le circostanze ci impongano in ogni caso…
Leotichide: Fammi finire, Leonida. Come stavo dicendo, e come il mio collega ben sa, durante il mese Carneo la legge ci vieta di fare uso delle armi. Saremo felici di giungere in vostro aiuto, ma non prima di cinque giorni.
Filippide: Cinque giorni?! Potrebbe essere già troppo tardi!
Leotichide: Sono spiacente, ma le nostre leggi parlano chiaro. Solo quando sorgerà la luna piena e le feste Carnee saranno concluse, solo allora potremo metterci in viaggio in assetto di guerra.
Leonida: Leotichide, sii ragionevole. Una eventuale vittoria dei Persiani sugli Ateniesi potrebbe essere l’inizio della fine per tutta l’Ellade come la conosciamo.
Leotichide: Leonida, non mi piacciono le tue parole. Ricordi chi mostrava il tuo stesso atteggiamento? I nostri diretti predecessori! Quei due credevano che le leggi lasciateci da Licurgo fornissero solo delle indicazioni sommarie e che potessero essere aggirate in qualsiasi momento. E com’è finita, Leonida? Tumulti, caos, guerra civile, la deposizione di entrambi i re. Non rifarò i loro stessi errori. Sono terminati i giorni in cui ero succube della folle anarchia di Cleomene. La legge è legge. In quanto tale non può essere oggetto di discussione.
Leonida: Comprendo le tue parole, Leotichide. Ma credo che se sentissimo anche l’opinione degli Efori…
Leotichide: Ho già discusso questa eventualità con loro e si sono dimostrati del tutto concordi con me. Se non ci credi puoi andarci a parlare di persona.
Leonida: Capisco. Immagino quindi che non ci sia nulla da fare…
Leotichide: Sii fiducioso. Se Athena vorrà, arriveremo per tempo.
Filippide: Onorevoli sovrani di Sparta, se questo è il vostro ultimo responso, io inizierei subito a incamminarmi per portare le vostre parole ai nostri strateghi.
Leotichide: È il nostro ultimo responso. Partiremo con un contingente in vostro soccorso, ma non prima di cinque giorni.
Filippide esce dalla sala a capo chino, senza attendere che Dienece o chiunque altro lo accompagni fuori.
Leotichide (dirigendosi verso un’altra uscita della sala): Bene, io vado a farmi un boccone. Rifletti sulle mie parole, Leonida. Sparta non ha bisogno di un altro Cleomene o di un altro Demarato.
Leonida e Dienece, rimasti soli nella sala, si scambiano un lungo sguardo di intesa. I due si conoscono da tempo, un legame di amicizia cementato da una profonda stima reciproca. Ognuno comprende a fondo i sentimenti e i pensieri dell’altro e a Leonida, quindi, non servono parole per intuire quale sia la precisa richiesta che gli occhi di Dienece stanno formulando.
Leonida: Non hai bisogno di chiedermi nulla. Se questa è la tua volontà io non ti fermerò.
Dienece: Ti ringrazio, mio re.
 
Al calare delle tenebre, carico della propria panoplia e di un piccolo sacco di provviste, l’oplita semplice Dienece si dirige guardingo verso la periferia della città.
Eforo1 (nascosto nell’ombra): Stai andando da qualche parte, soldato?
Dienece (sobbalzando): Ve-venerabile Eforo, qual buon vento? Anche lei da queste parti? Non crede anche lei che sia una serata perfetta per… ehmmm… per andare a rimirare le stelle?
Eforo1: Non prendere in giro la mia intelligenza e taglia corto, ragazzo. Sei in partenza per raggiungere gli Ateniesi sul campo di battaglia, non è vero?
Dienece: Venerabile Eforo, le giuro che non era mia intenzione offenderla disubbidendo ai suoi ordini. Ci sono motivi ben precisi che mi hanno spinto a questa decisione.
Eforo1 (avvicinandosi minaccioso): E da quando i motivi di un singolo individuo sono più importanti dell’interesse dello Stato?
Dienece: N-non intendevo dire questo! In realtà le mie ragioni coincidono con quelle della polis. La mia unica premura è quella di diventare un giorno un vero Saint e poter così offrire un contributo concreto e significativo alla potenza di Sparta. Le voce delle stelle mi ha suggerito che partecipare all’imminente battaglia contro Ares avrebbe rappresentato un indispensabile passo per il mio cammino.
Eforo1: La voce delle stelle, eh?
Dienece: Perdoni le mie farneticazioni, signore. Lo ammetto. Con questo mio gesto mi sono dimostrato uno sciocco, nonché un pessimo elemento della nostra società. Sono pronto a qualsiasi punizione lei voglia infliggermi.
Eforo1 (tirando una pacca sulla schiena di Dienece): Ma va’ là, che stavo scherzando. Vai pure, se per te è così importante.
Dienece: Dice sul serio?
Eforo1: Beh, se la voce delle stelle ti ha suggerito di andare, sono certo che tutto questo faccia parte di un disegno più grande. Un disegno che noi al momento non possiamo vedere né comprendere.
Dienece: Lei dice?
Eforo1: Certo, può darsi che mi sbagli, ma se ho ragione… se ho ragione, allora anche il nostro incontro non è stato casuale. Lascia quindi che ti dia una cosa da portare con te. Resta qui, non ti muovere. Io torno subito.
Dienece: D’accordo, resto qui.
L’Eforo si allontana molto lentamente, sostenendosi con un rozzo bastone e trascinando il suo corpo avvizzito un passo alla volta. Dopo più di due ore ritorna finalmente indietro portando con sé un sacco.
Eforo1 (porgendo il sacco): Ecco, per te.
Dienece (guardando dentro il sacco): Ma questi sono…
Eforo1: Fanne buon uso e tienili per te. Se proprio si renderà necessario, consegnali quanto prima ai comandanti di Atene.
Dienece: Non mancherò.
Eforo1: Ora vai.
Dienece: Signore, se concede a me questo permesso e se è concorde con me nel dare un aiuto agli Ateniesi, perché a questo punto non ordina direttamente a un contingente di partire insieme a me?
Eforo1: Non ti allargare, soldato. Non possiamo ignorare la sacralità delle feste Carnee, non ora che gli Spartani stanno cercando un nuovo equilibrio. Per la stessa ragione è ancora troppo presto per loro vedere un ex sovrano come Demarato combattere dalla parte di Ares. Gli Ateniesi sapranno cavarsela da soli, me lo sento. Anzi, se non fossi sicuro della loro vittoria, stai pur certo che andrei io in prima persona a combattere al loro fianco!
Dienece: Non ho dubbi, signore. Sono sicuro che sarebbe ancora in grado di dirgliene quattro a quei Berserker.
Eforo1: Eccolo che parte con l’accondiscendenza, il povero ignorantello…
Dienece: M-mi perdoni, signore, non volevo…
Eforo1: Eh! Eh! Eh!
Dienece: La… la smetta di prendermi in giro!
Eforo1 (spintonando Dienece): Ora vai, ho detto. Muoviti, che si è già fatto tardi!
Dienece: Sì, vado, vado! Grazie di tutto, signore!
Dienece si avvia di corsa verso Nord. L’Eforo rimane a guardare l’oplita allontanarsi, finché il profilo del soldato non svanisce nell’oscurità.
 
 
Cinque giorni dopo, presso Eretria, Ares e il suo immenso esercito stanno tornando alla spiaggia dove hanno montato il loro campo.
Demarato: Finalmente! Era ora che tornassi! Dai che i dadi fremono per essere lanciati!
Ares: Mio caro Demarato, ora che le mura di Eretria sono state completamente abbattute, un’altra importante tappa della vendetta persiana nei confronti dei Greci si sta per concludere. Fortunatamente siamo riusciti a espugnare la città in tempi sufficientemente ragionevoli grazie alla presenza di un paio di nostri infiltrati all’interno delle mura. Ora non ci resta altro che rastrellare tutto il territorio per completare l’opera. Eretria, se ricordi, era proprio una delle due città che hanno incendiato Sardi, quindi è d’uopo che non sfugga al massacro neppure un solo eretriese.
Demarato: Se dici di voler essere così meticoloso, perché sei tornato al campo con tutto l’esercito?
Ares: Già, è vero, tu non l’hai ancora visto!
Demarato: Visto cosa?
Ippia: Eh! Eh! Eh! Ora vedrai. Ci sarà da divertirsi!
Ares dispone tutto l’esercito su un’unica lunghissima fila, facendo tenere gli uomini per mano e formando una catena umana che si dispiega da costa a costa.
Ares: Ema, a te gli onori!
Ema: Preferisco cederli a mio fratello maggiore, se è possibile.
Kokalo: Tranquillo, Ema, fai pure. Io mi riservo il piacere per quando arriverà la portata principale: l’esercito di Atene.
Ema: In tal caso… UOMINI DI ARES, FIERI BERSERKER, UNITE IL VOSTRO COSMO COME FOSTE UN SOL’UOMO!  ARMATA DELLE FIAMME, SCARICA SUL NEMICO TUTTA LA TUA FURIA! CREMATION STORM!!!
Da tutto l’immenso esercito di Ares scaturiscono turbini di fiamme incandescenti che, come un unico muro di fiamme, si abbatte sull’intero territorio di Eretria, radendo al suolo qualsiasi cosa. Anche il nucleo di Eretria, ora privo delle sue mura, non sfugge alla devastazione e tutte le abitazioni e i templi sacri finiscono in cenere.
Ares: Ben fatto! Bravi tutti! E ora torniamo alle navi. Si salpa alla volta di Maratona!
Demarato: Uff…



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NOTE

"Uff, quel crestone mi ha fatto perdere fin troppo tempo." --> L'incontro tra Filippide e il "crestone" viene narrato nel terzo volume di "Bronzini Sfigati" (Capitolo 6.06 della Stagione 2).