SAINT SEIYA CHRONICLES:
FIRST BLOOD

CAPITOLO 16
QUESTA È UNA BATTAGLIA TRA DÈI DELLA GUERRA


 
Pochi giorni dopo, gli Efori radunano il popolo spartano lungo le rive dell’Eurota, per comunicargli gli ultimi sviluppi. Poco distante, tra gli alberi, Demarato e Alfeo ascoltano di nascosto.
Eforo1: Popolo di Sparta, come tutti ormai saprete, pochi giorni fa Re Cleomene si è tolto la vita. Egli era da sempre solito bere alla maniera degli Sciti ed è tornato a Sparta posseduto da Dioniso in persona, che l’ha reso violento e preda di pericolose frenesie. A causa di tutto questo, egli si è liberato dai ceppi sui quali era stato imprigionato, ha sottratto il pugnale all’ilota di guardia e si è pugnalato più volte, arrivando perfino a tagliarsi la gola. In seguito allo spiacevole suicidio di Re Cleomene, è stato deciso di muovere clemenza nei confronti di Re Leotichide, che è stato quindi assolto da gran parte delle proprie colpe, mantenendo la propria posizione di regnante. Noi Efori teniamo a sottolineare che la responsabilità di questa scelta non ricade unicamente sulle nostre spalle, ma pensiamo invece vada interpretata come la volontà di un popolo sovrano che ha sentenziato la legittimità al trono di Leotichide in seguito a regolare processo. Allo stesso modo, non per nostra decisione, ma bensì per le salde leggi che Sparta ha ereditato dal sommo Licurgo, decretiamo che il successore di Re Cleomene sia suo fratello Leonida, che ha acquisito la priorità nella linea di sangue, poiché Cleomene non ha lasciato dietro di sé figli maschi da poter incoronare. Vi chiediamo quindi di accogliere ora Leonida come vostro nuovo sovrano a fianco di Re Leotichide.
Popolo spartano: AU! AU! AU!
Leonida si avvicina a Eforo1 per i riti di incoronazione.
Alfeo (nascosto tra gli alberi): Dannati Efori! Non hanno mantenuto i patti!
Demarato (nascosto tra gli alberi): Tutt’altro! Sono io quello che ha fatto l’esatto opposto di quello che mi hanno suggerito di fare. Secondo quei vecchiacci avremmo dovuto uccidere Cleomene, allearci con Ares ed entrare in città al suo fianco. Solo così avremmo potuto imporci sopra le leggi di Sparta e prendere il trono. Gli Efori sanno che siamo in ascolto e tra le righe ci stanno chiaramente ribadendo il concetto.
Alfeo: L’Eforo che sta parlando ora è lo stesso con cui hai parlato prima di partire?
Demarato: Non lo so, forse. Mi sembrano tutti uguali.
Alfeo: Quindi cosa vuoi fare adesso, Demarato? Intendi allearti con Ares?
Demarato: Perché no?! Non abbiamo nulla da perdere. Ultimamente sono stato troppo diplomatico e questo non è da me. Troviamo il modo di rintracciare Ares.
Dario/Ares (alle spalle di Demarato e Alfeo): Cercavate me?
Demarato (sobbalzando e girandosi di scatto per lo spavento): AAHH! Sei tu! Non lo fare mai più! Per poco non ti disintegravo!
Ares: Non credo proprio. Ordunque? Lor signori hanno infine deciso di seguirmi e combattere sotto la mia bandiera?
Demarato: Mmmhhh… Può darsi.
Ares: Avanti, sappiamo tutti come andrà a finire. Evitiamo di far passare inutilmente altri capitoli.
Demarato: D’accordo, diciamo che ci sto. Ho alcune condizioni da porti, però.
Ares: Sentiamo.
Demarato: Come credo sia ormai chiaro, dovrai muovere guerra a Sparta e concedere a me e ad Alfeo il ruolo di nuovi re.
Ares: Sarò franco. Rendervi i nuovi re non sarà un problema, ma dovrete prima attendere la conquista di Atene. Se ora sono a capo dell’esercito di Dario è solo perché la completa sottomissione del Santuario rappresenta la priorità assoluta sia per me che per i Persiani. Se mi aiuterete a sconfiggere Atene, subito dopo toccherà a Sparta.
Demarato: D’accordo, si può fare. Inoltre, se combatterò al tuo fianco avrò bisogno di una nuova armatura.
Ares: Certamente. E immagino già di intuire i tuoi gusti.
Demarato viene avvolto da una nube scura, che al suo dissiparsi rivela un’armatura color cremisi: la Sarkr del Cancro.
Demarato: Ottima scelta! Mi piace!
Ares: Altre richieste?
Demarato: Sì, ne ho un’altra. Alfeo non verrà con noi. Dovrà restare qui a Sparta.
Alfeo: Che…?!
Demarato: Alfeo, mi serve un contatto fidato, qualcuno che possa servire da ponte per una eventuale invasione.
Alfeo: Un infiltrato, in pratica.
Demarato: Riusciremo a conquistare molto meglio la polis se potremo insidiarla sia dall’esterno che dall’interno.
Alfeo: Se ne sei così sicuro attenderò il tuo ritorno, Demarato. Non che la cosa mi faccia troppo piacere, però.
Ares: Per mio conto, accetto anche questa condizione, fuorché tu non cambi idea e ci tradisca, Alfeo. Ci terrei parecchio ad avere tra i miei uomini un guerriero in grado, con le proprie tecniche, di scatenare negli altri una tale furia omicida che chi ne venga posseduto non sia più in grado di distinguere tra nemici e alleati.
Alfeo: Ti riferisci al Genro Mao Ken, la Tecnica del Re Diavolo?
Ares: Sì, esatto. Gli effetti di quella tecnica sono quanto più vicino esista allo stato di furore che possono raggiungere i soldati berserker quando espandono ai massimi livelli il loro cosmo: il berserksgangr, lo stato di berserk. Tu, Saint dei Gemelli, rappresenti il legame indissolubile che esiste tra me e Athena, i due dèi della guerra, e sento che è nel destino della tua costellazione quello di spianarmi la strada per la conquista del Santuario. Quindi, sì, concordo con Demarato. Tu ci servi a Sparta.
Alfeo: E sia. Però fate in fretta ad annientare Atene e ritornare qui in forze.
Ares: Senz’altro. Ora che è tutto chiarito, possiamo andare, Demarato?
Demarato: Andiamo.
Ares prende le mani di Demarato e i due vengono avvolti da una sfera di cosmo rossastra, che scompare insieme a loro.
 
Un istante dopo, Ares e Demarato si ritrovano tra le strade di Susa, la capitale dell’impero persiano. Poco distanti da loro sta passeggiando Artabano, fratello di Dario.
Artabano: Sei tornato, finalmente! Permettimi una parola, Ares!
Ares: Artabano, mio caro, non vedi che ho appena portato un nuovo prezioso alleato? Non vuoi fare la sua conoscenza?
Artabano: No, non mi interessa. Ares, ti avevamo affidato lo sterminato esercito persiano in quanto Dario non si decideva a sferrare un attacco decisivo nei confronti dell’odiato popolo greco e degli Ateniesi in particolare. È passato un anno da quando hai detto che ti stavi preparando per muovere guerra, ma ancora non è successo nulla!
Ares: Ah! Ah! Ah! Non è ancora successo nulla, dici? Artabano, Demarato, lasciate che vi illustri quali sono i miei piani e cosa sono riuscito a ottenere finora. La vedete quella enorme torre laggiù, al centro della città?
Artabano: Certamente! È la torre che hai generato dal nulla sulle rovine dell’antica ziggurat il giorno dopo il tuo arrivo.
Ares: Esattamente! Li vedete quei quattro fasci di luce che penetrano all’interno della torre irradiandola senza sosta? Riuscite a immaginare che cosa siano?
Demarato: Esibizionismo?
Ares: Questi fasci di luce, miei cari, rappresentano il cosmo di numerosi soldati greci: il loro terrore, la loro paura, il caos generato dalla guerra, nonché l’intera energia vitale di coloro che stanno morendo in battaglia proprio in questo momento. L’influsso della mia presenza su questa terra, amplificato da questa immensa struttura, fa sì che il mondo sprofondi nel caos e che ogni uomo alzi il coltello verso il proprio fratello. Tutto questo viene poi assorbito dalla mia torre e, in un circolo virtuoso, dà nuova linfa ai miei poteri e al nostro esercito. Artabano mi accusi di essere stato fermo. In un certo senso è vero. Nell’ultimo anno il grosso del lavoro è stato compiuto dai Greci stessi, che, grazie a me, non hanno perso tempo ad ammazzarsi l’uno con l’altro.
Demarato: Se questo vale per te, lo stesso dovrebbe valere anche per Athena, allora. La presenza di Athena al Santuario non dovrebbe contrastare il tuo influsso?
Ares: Uah! Ah! Ah! Contrastare, dici? Io mi sto solo limitando a dare una spintarella a quello che già lei combina di suo. Ti sei dimenticato che anche lei è una dea della guerra?
Demarato: Lo ricordo benissimo, ma stiamo parlando di due tipi di dèi della guerra diversi, no? Athena è sì una dea della guerra, ma dovrebbe presiedere alla strategia militare e agli aspetti più nobili della guerra, da quello che so.
Ares: Sei serio, Demarato? Veramente vuoi distinguere tra una guerra nobile, per giusta causa, e una guerra brutta e cattiva, finalizzata al solo massacro? La guerra è guerra, non ci sono vie di mezzo. È volta al predominio, allo sterminio di altre razze, all’annichilimento del proprio nemico. Qualsiasi guerra lascia alle spalle sofferenza, carestie, famiglie prive dei propri affetti. Voi Saint chiamate le vostre battaglie “Guerre Sacre”, ma “combattere” e “uccidere”: queste sono le uniche parole chiave di ogni guerra. Questa è una battaglia tra dèi della guerra. A che serve abbellire la cosa con inutili orpelli? Athena non è diversa da me. Il fatto che voi Saint lo pensiate vuol dire che ancora non avete capito nulla della vostra dea. Ed io, allo stesso modo suo, abbisogno delle risorse di questo mondo per poter vincere. È così per tutti gli dèi. Può essere una colonna sottomarina, o una gigantesca statua, un emblema nel cielo oppure una grande torre. Ognuno di noi dèi in fin dei conti non è che un parassita che succhia energia impoverendo questo mondo al solo scopo di accrescere il proprio potere. La difesa di un qualche valore astratto è pura idiozia. Se voi due vi siete alleati con me è perché avete trovato una qualche convenienza, nulla di più. Lo stesso è per i Saint che combattono per il Santuario. È del tutto assurdo voler cercare una ragione per sopprimere un altro essere umano. Se volete combattere per me, tutto quello che vi chiedo è di essere voi stessi e dare libero sfogo ai vostri istinti più profondi. L’ipocrisia lasciamola agli altri.
Demarato: Ti ho seguito fino a “sei serio, Demarato”, ma ok, sarà sicuramente come dici tu. Passiamo alle cose pratiche. La guerra contro Atene. Vuoi rimandarla ancora a lungo?
Ares: Forse sì, forse no. Sto aspettando il momento giusto. Tu hai qualcosa da suggerire?
Demarato: Per quanto disunito, il popolo greco non esiterà a creare una grande alleanza per contrastare l’esercito persiano quando deciderai di invadere l’Ellade. Se è vero che per ora sei interessato più che altro agli Ateniesi, ti converrà fare in modo che l’altra maggiore forza militare greca, quella spartana, resti in disparte. E un buon modo potrebbe essere quello di attaccare durante le feste Carnee.
Ares: Feste Carnee?
Demarato: Sono delle feste che vengono celebrate anche in altre città del Peloponneso. Inizieranno tra poche settimane, dureranno nove giorni e, cascasse il mondo, nessuno spartano oserà muovere guerra durante quelle feste. Sono le leggi di Sparta, le stesse rigide leggi in cui Sparta è sempre rimasta invischiata e da cui desidero liberarla.
Ares: Il tuo è un suggerimento strategico o fai tutto questo solo per proteggere i tuoi concittadini?
Demarato: Voglio solo che le cose siano fatte per bene. Se prima di invadere Sparta devi fare fuori gli Ateniesi, è bene accertarci che tale battaglia vada a buon fine nel modo più semplice possibile, non credi?
Ares: D’accordo, seguirò il tuo suggerimento.
Artabano: Alleluia! Ci diamo una mossa, allora?
Ares: Sì, Artabano. Se è vero che non manca molto alle feste Carnee, è meglio che ci mettiamo subito in moto. La strada è lunga ed è probabile che dovremo affrontare diversi altri scontri prima di arrivare a un confronto diretto con gli Ateniesi. Bene, Artabano, avverti tutti i nostri alleati di tenersi pronti. Stavolta si va a combattere sul serio.
Artabano: Straordinario! Fermo restando, però, che io resti sempre qui a Susa a vedere come vanno a finire le cose… Ehi, cos’è quella faccia? Eravamo d’accordo così fin dall’inizio.
Demarato: A proposito di dare sfogo ai propri istinti… Sono appena arrivato, non si può fare giusto qualche cosetta prima della partenza? Sai, le solite cose: lauti banchetti, prostitute, lusso sfrenato…
Ares: Da questa parte, ti faccio strada.
Demarato: Ottimo.
 
 
Nel frattempo a Sparta, presso le sale di Re Leotichide…
Policrito: Re Leotichide, è riuscito a farsi restituire il prigioniero da Atene? Ora che Cleomene è morto non c’è più ragione che vi siano dissapori tra di noi e chiedo soltanto che mio padre possa tornare alla nostra isola.
Leotichide: Mi spiace, Policrito. Ho provato in ogni modo, ma Atene non vuole cedere. Crio è rinchiuso chissà dove e non c’è verso che lo liberino.
Policrito: D’accordo, se la sono cercata. Se così stanno le cose, vuol dire che anche noi Egineti sottrarremo ad Atene qualcosa di prezioso. Vedremo chi la spunterà alla fine…