SAINT SEIYA CHRONICLES:
FIRST BLOOD

CAPITOLO F.11
RITORNO A EGINA (prima parte)


 
Poco tempo dopo, una trireme carica di opliti spartani si sta avvicinando di notte al porto commerciale di Egina. All’improvviso, lo scafo subisce un duro urto contro uno scoglio che nessuno a bordo aveva notato.
Cleomene: Ancora quei dannati scogli!
Aristodemo: Guardate, stanno riaffiorando dall’acqua come mossi da una forza invisibile!
Cleomene: Adimanto, tocca a te!
Adimanto (svegliandosi): Eh? Cosa…?! No, adesso non posso. Pensaci tu, Cleomene, dai.
Cleomene: Ci ho già provato la prima volta che sono venuto qui, ma sembrano indistruttibili, quindi datti una mossa, inutile culone! Non ti pago per dormire!
Adimanto: Cleomene, ti vedo troppo agitato. Devi imparare un pochino a rilassarti, hai capito? Rilassati, Cleomene, rilassati…
Cleomene: Come ti pare, ora muoviti! Distruggi quegli scogli!
Adimanto: Non c’è problema, le mie rose nere possono perforare qualsiasi cosa. PIRANHAN ROSE!!! Hai visto? Che ti dicevo?
Cleomene: Ne stanno emergendo altri. Tieniti pronto!
Aristodemo: Incredibile! Con le sue rose nere ha polverizzato quegli enormi scogli in un’istante! Non per niente è un Gold Saint!
Euribiade (avvicinandosi ad Aristodemo e mettendogli un braccio su una spalla): E non hai ancora visto nulla, mio caro soldato semplice. Tu restando al nostro fianco avrai l’occasione di imparare moltissimo. Quindi, apri bene quegli occhietti e tieniti pronto, perché tra poco vedrai dei combattimenti che un giorno tu potrai raccontare ai tuoi nipoti. È chiaro?
Aristodemo: S-sì…
Euribiade: Tu lo sai cos’è il cosmo?
Aristodemo: Beh, sì certo… Cioè, no, non lo so, lo sai di certo meglio tu.
Euribiade: Esatto. Quindi noi ora faremo una scommessa. Entro questa notte io, Euribiade del Sagittario, metterò fuori combattimento il più forte guerriero di Egina. Ok? Stringimi la mano, stiamo scommettendo!
Aristodemo (stringendogli la mano senza molta convinzione): Ma, Euribiade, io a Sparta non ho mai visto un soldo!
Euribiade: Tu non devi preoccuparti, perché se io riuscirò nell’impresa, tu mi darai un talento d’argento, ma se io fallirò te ne darò cinque di talenti. Sei emozionato, non è vero?
Aristodemo: Ma io non ce l’ho un talento d’argento!
Euribiade (chiudendo gli occhi e toccandosi la fronte con due dita): Ora stai zitto, che devo concentrarmi in vista della mia gloriosa missione.
Aristodemo: Ecco fatto, Cleomene. Te li ho distrutti tutti. Hai visto che bravo che sono stato?
Cleomene: Sì, certo, molto bravo. Ora preparatevi che manca pochissimo.
Leotichide: Laggiù! Guardate! Sulla riva! È un Gold Saint! Sta scappando!
Cleomene: Quello è Crio, non c’è ombra di dubbio. Come immaginavo c’erano i suoi poteri telepatici dietro al comportamento di quegli strani scogli. Scendiamo, presto, dobbiamo inseguirlo!
A breve distanza dalla terraferma i quattro Gold Saint e una quarantina di soldati semplici si gettano in acqua all’inseguimento di Crio. Aristodemo e un gruppo di rematori sono gli unici a restare indietro, per mettere al sicuro la trireme.
 
Poco dopo…
Leotichide: È entrato all’interno di questo recinto murario! Seguiamolo!
Cleomene: Leotichide, sii prudente! Potrebbe essere una trappola e tu ti sei ripreso da poco dagli effetti del sangue di Athena.
Leotichide (entrando nel recinto): Ti ringrazio delle premure, Cleomene. Ma ora sono un Gold Saint. So badare a me stesso.
Cleomene (seguendo Leotichdie insieme agli altri): Sì, come no…
Voce proveniente da un punto non ben definito: Spartani! Se siete venuti in pace, siate i benvenuti nell’Eaceo, l’unico e autentico Santuario comune a tutti i Greci. Ma se avete intenzioni ostili, farete bene a tornare da dove siete venuti!
Leotichide: Queste quattro mura lo chiamate un Santuario? Che razza di selvaggi…
Cleomene: Non farti trarre in inganno dalla fitta boscaglia, Leotichide. Credo che questo recinto sia più grande di quanto immaginiamo. Inoltre, avverto svariati cosmi provenire da diverse direzioni. Saremo costretti a dividerci. Tu, Leotichide, verrai con me. Ci addentreremo tra quegli ulivi laggiù per affrontare quella che sembrerebbe essere la fonte di cosmo più elevata. Euribiade e Adimanto, prendetevi qualche oplita ciascuno e andate a scovare gli altri avversari. Vedete di non fare brutte figure come a Sparta.
Adimanto: Comandi!
Euribiade: Ricevuto, mio re! Vedrai che non ti deluderò!
 
 
Poco dopo…
Soldato semplice: Qui si fa sempre più buio… Signor Adimanto, è sicuro che stiamo andando nella direzione giusta? Non dovevamo restare all’interno del recinto?
Adimanto: Amico mio, fatti furbo, dai retta a me. In lavori come questo la cosa più importante è tenersi in disparte e lasciare che il tempo passi. All’interno del recinto è pieno di nemici? Ci penserà qualcun altro a farli fuori. Alla fine di questa serata noi torniamo da Cleomene e gli diciamo che abbiamo fatto una strage. Come ti sembra? Non ti pare un’ottima idea?
Soldato semplice: N-non saprei…
Adimanto: Ma chi ce lo fa fare di andare a rischiare la vita? E dai…
Adimanto e i venti soldati al suo comando raggiungono un cumulo di terra con una rozza pietra sovrapposta e circondato tutt’intorno da un paparapetto.
Adimanto: Guardate che meraviglia… Questa, signori miei, deve essere la tomba di Foco. E quella pietra lì sopra deve essere la stessa che Peleo usò per uccidere il fratellastro.
Soldato semplice: Signore, sento che il nemico non deve essere molto lontano da qui.
Adimanto: Sei meschino, soldato semplice. Io ti parlo di arte e di storia antica e tu mi parli di lavoro. Guarda, farò finta di non aver sentito niente. Perché non vi rilassate e non vi godete la vita? Ammirate ad esempio che bella quella statua dietro di voi, un nobile simulacro in marmo Acheo, muto su la sua base immobilmente…
Pitea, Gold Saint del Capricorno (sottovoce, inespressivo): Non sono una statua, sono la lama che epurerà questo sacro luogo dalla vostra immonda presenza... 
Adimanto: Cos…?!
Pitea: Non sono una statua.
Pitea fende l’aria con il taglio della mano, facendo compiere al braccio una traiettoria orizzontale. Un istante dopo, diciannove opliti si ritrovano il tronco reciso. L’unico a cavarsela con una semplice ferita superficiale è Dienece, il soldato semplice in fondo al gruppo.
Pitea (monotono, inespressivo): Ne è rimasto uno. La mia lama non è ancora sufficientemente affilata. Che disdetta.
Adimanto: Ehi, ehi, calma! Che bisogno c’è di agitarsi tanto? Ragioniamo con calma, non ti pare? Tu sei Pitea, giusto? Vieni qui, stringiamoci la mano. Andiamo a mangiarci un piatto di cozze. Siamo tutti conterranei in fin dei conti, no?
Pitea (impassibile): No, affatto. Non permetto ad alcun nemico di invadere la Reggia d’Eaco. Abbiate timore del potere conferitomi al fine di proteggere la nostra isola, la sacra lama che alberga nella mia mano. Questa è la lama che recide ogni male.
Pitea si avvicina e si prepara a sferrare un altro attacco. Adimanto lo precede.
Adimanto: Sei un maleducato. Poi non dire che non ti ho dato una possibilità. PIRANHAN ROSE!!!
Con veloci fendenti della mano, Pitea non solo intercetta e distrugge le rose, ma manda al tappeto anche Adimanto stesso. Il contrattacco è così devastante che, sebbene i colpi non fossero diretti verso Dienece, anche lui viene travolto dalla portentosa tecnica. Il soldato cerca di ripararsi con le braccia, ma subisce ferite in tutto il corpo e viene sbalzato in aria, atterrando poco oltre Adimanto. Durante il volo la sua lancia gli sfugge di mano e finisce per conficcarsi nel terreno, a un dito dal viso del compagno.
Adimanto (piagnucolando): Merdamerdamerdamerdamerda. Oggi mi fanno fuori. Mi fanno fuori sul serio. Lo dicevo io che era meglio starmene a Corinto.
Dienece (rialzandosi ed estraendo la lancia): Signore, si faccia coraggio. In fondo si tratta di un combattimento tra due Gold Saint. Ce la può ancora fare.
Adimanto: (rialzandosi): Tu non hai capito niente. Guarda meglio.
Dienece scruta meglio nell’oscurità e nota dietro Pitea un’altra figura dai baluginii dorati avvolta da un mantello. Dienece inizia a sudare freddo. Stringe con entrambe le mani la propria lancia e sposta lo sguardo da Adimanto ai due avversari.
Dienece (arretrando): E se… E se…
Pitea: Voglio essere generoso. Fallo. Fallo e avrai salva la vita.
Adimanto: Fare cosa? Con chi stai parlando?
Dienece conficca la lancia nella schiena di Adimanto, che sbarra gli occhi e crolla sulle ginocchia. La figura avvolta dal mantello continua a rimanere immobile nella propria posizione.
Pitea (monotono): Ti ho fatto una promessa. E io mantengo le promesse. Vai. Vai pure. Ah, come sono generoso. Ah, sì, sono proprio generoso.
Dienece estrae la lancia dalla schiena di Adimanto e continua a stringerla tra le mani, puntando gli occhi sui due avversari. Nel frattempo numerose ombre sottili iniziano a serpeggiare silenziosamente sul terreno.
Pitea: Ho detto che puoi andare. Non crucciarti per il tuo tradimento. Nessun uomo è privo di colpe. Torna a Sparta e racconta a tutti della vostra sconfitta.
Dienece: No. Gli Spartani non si ritirano mai da una battaglia.
Pitea: Allora sei stupido. Sei proprio stupido ad aver colpito il tuo compagno.
Dienece: Tu credi?
In un istante il paesaggio si riempie di rami spinosi dai quali sbocciano rose bianche.
Pitea (inespressivo, monotono): Sono rovi. Ma quando sono comparsi?
Adimanto (alzando il viso da terra): ARRESTED JUDGMENT!!!
I fusti spinosi avvolgono Pitea immobilizzandolo.
Adimanto: Muoviti, prima che riesca a liberarsi!
Dienece corre in direzione di Pitea, pronto a trafiggerlo con la lancia.
Figura avvolta nel mantello: NO, FERMO! RESTRINCTION!
Dienece scaglia la sua lancia verso Pitea un attimo prima che la figura avvolta dal mantello riesca a bloccarlo.
Figura avvolta dal mantello: Che… che velocità! È riuscito a scagliare la sua lancia prima che io riuscissi a fermarlo!
La lancia di Dienece manca però il bersaglio, limitandosi a infliggere un graffio superficiale sulla guancia di Pitea.
Pitea si libera dei rovi riducendoli a brandelli con i propri arti affilati come lame.
Pitea (inespressivo, monotono): Cosa pensavi di fare, stolto? Anche se non avessi mancato la mira ho pur sempre una Gold Cloth a proteggermi. Potevi andartene e avere salva la vita. Invece ti sei condannato a morte.
Dienece (immobilizzato dal Restrinction): Spiacente, ma sono uno Scorpione ed è nella mia natura quella di pungere.
Figura avvolta dal mantello (tra sé e sé): Mmmhh… Uno Scorpione… Interessante!
Pitea si avvicina a Dienece, per infliggergli il colpo di grazia. Adimanto si rialza ridacchiando.
Pitea: Perché ridi?
Adimanto: Perché sei stato sconfitto, mio caro.
Pitea: Cosa…?! Perché mai…?! UAAARGHH!!!
Pitea all’improvviso sente un dolore terribile circolare in tutto il suo corpo.
Dienece: Mi piacerebbe poterti dire che quello che senti è il veleno dello Scorpione, ma purtroppo essendo io ancora un semplice soldato inesperto, ho preso in prestito il veleno del Gold Saint dei Pesci, impregnando la punta della mia lancia con il suo sangue.
Pitea si accascia a terra dolorante.
Adimanto (avvicinandosi a Pitea): Facciamola finita, va’.
Figura avvolta da un mantello (frapponendosi): Basta così! Il combattimento si conclude qui.
L’uomo misterioso lancia via il proprio mantello, rivelando la Gold Cloth dello Scorpione. Dienece viene liberato dal Restrinction.
Milziade: Il mio nome è Milziade, Gold Saint dello Scorpione.
Adimanto: Ma che scherzi sono questi?! Milziade, tu non eri un ateniese? Perché stai difendendo il Capricorno, si può sapere?
Milziade: Sono giunto fin qui su iniziativa personale. Temistocle e gli altri non sanno niente di questa mia decisione. Anche se sono ateniese, nel mio cuore scorre il sangue di Telamone, figlio di Eaco e considero quindi Egina la mia seconda patria. Sono qui perché voi possiate catturare Crio dell’Ariete senza che nessuno si faccia male più del dovuto.
Pitea (a terra dolorante): Nessuno ti vuole qui, Milziade. Puoi andartene via. Piuttosto che essere aiutato da un ateniese preferisco morire.
Milziade: Sei ingiusto, Pitea. Ricorda che Atene è dove ha sede il Santuario della nostra dea, quello vero, non quella brutta roba attorniata da un recinto che avete costruito qualche mese fa. E sempre da Atene provengono i più grandi maestri dei Saint. Non è forse ateniese il tuo maestro Menandro, senza il quale non indosseresti quella armatura dorata?
Pitea (rialzandosi a fatica): Levati di mezzo, ateniese. Ti stai dando troppe arie.
Milziade (infliggendo due punture a Pitea): Se il veleno dei Pesci non basta a tenerti a terra, vediamo cosa succede se lo combiniamo con un paio di autentiche punture dello Scorpione. Tié e tié.
Pitea (crollando di nuovo a terra, un attimo prima di svenire): BUUAAARGHH!!!
Adimanto: Hai proprio ragione. Si vede che hai sangue egineta. Non si capisce mai da che parte state voialtri.
Dienece (ammirato): Le punture dello Scorpione… Signore, anche lei è un maestro saint, non è vero?
Milziade: Il migliore.
Adimanto (tirando uno scappellotto a Dienece): Stai zitto! Che figure ci fai fare? Certo che è un maestro. Tutti i Gold Saint lo sono. Che, io non sono un maestro, per caso?
Dienece: Come?! N-non sapr… Sì, certo, anche lei è un maestro.
Adimanto: E allora che parli a fare? Dai, andiamo, raggiungiamo Cleomene.
Dienece: Sì, solo un attimo. Devo chiedere una cosa a…
Dienece si gira per parlare con Milziade, ma lui è svanito nel nulla.
 
 
Nel frattempo, all’interno del recinto murario, Aristodemo raggiunge il luogo dove si è appena svolta una feroce battaglia. Tutto il terreno è disseminato di cadaveri di soldati spartani e, al di sopra di un basso altare, Policrito, il giovane Silver Saint della Mosca, sta depositando alcuni pezzi di armatura spartana. Subito dopo, mentre il Silver Saint egineta si prostra in preghiera, le armature vengono letteralmente assorbite dalla pietra dell’ara.
Aristodemo, non ancora notato dal nemico, si avvicina al corpo di Euribiade, steso insieme agli altri opliti.
Aristodemo (sottovoce): Signor Euribiade, tutto bene? Quello dev’essere un Silver Saint veramente potente per averla mandata al tappeto. Ehi, mi sente? È ancora vivo?
Euribiade (sottovoce, aprendo gli occhi): Sttt! Fai silenzio, che mi sconcentri! Mi sto fingendo morto per cogliere il nemico di sorpresa. Non te l’aspettavi, eh? Sei rimasto sorpreso?
Aristodemo: Beh…
Euribiade: Svelto, sdraiati anche tu! Sta per tornare!
Aristodemo si sdraia anche lui e si finge morto.
Policrito, che fino ad ora aveva raccolto solo pezzi di armatura di soldati semplici, preleva l’elmo e i bracciali di Euribiade e li porta verso l’altare.
Aristodemo (sottovoce): Signore… non ha mosso un dito!
Euribiade (sottovoce): Lo so, lo so, non c’è bisogno che un soldatucolo come te me lo dica. La mia recitazione è stata assolutamente impeccabile!
Aristodemo: Non le dà fastidio che quell’egineta faccia sparire i pezzi della sua armatura?
Euribiade: Sparire in che senso?
Aristodemo: Non so bene dove vadano a finire, ma ho visto che venivano assorbiti da quell’altare.
Euribiade (alzandosi): Accidenti, questo non posso permetterlo. Buon uomo, si fermi per un istante!
Policrito: Cos…?! Sei ancora vivo?! In effetti mi sembrava di non averti neanche colpito.
Euribiade: Ecco, dal momento che sarei ancora vivo, le chiedo gentilmente se può restituirmi quei…
Policrito: Questi pezzi di cloth sono un’offerta per il santo patrono di Egina. Gioisci, o uomo, la tua armatura fornirà un valido contributo per la prossima creazione di un esercito infernale che marcerà su questo mondo.
Euribiade: Non credo sia possibile. Purtroppo devo insistere, considerando che corro più rischi a privarmi di parte dell’armatura che non ad affrontare un Saint di seconda categoria. E abbi pazienza, su… Posso darti del tu, vero? Ecco, considera che te lo sto chiedendo con le buone. Lasciami andare via con l’armatura e per me la possiamo anche finire qui.
Policrito: Rifletti sulle mie parole invece di rispondere a casaccio. Ti sto offrendo un’ultima possibilità di salvezza. L’esito di un nostro eventuale scontro è di secondaria importanza. Presto giungerà su questa terra il nostro messia e condottiero Eaco per purgare questo mondo ed edificarne uno nuovo dalle sue ceneri. Solo centootto anime potranno beneficiare della vita eterna se apriranno i loro cuori al messia e presteranno servizio a questo Santuario. Unisciti a noi, Gold Saint del Sagittario!
Euribiade: Aspetta… Vuoi dire che questo Santuario l’avete realizzato per onorare Eaco?
Policrito: Sì, beh, se no non lo chiamavamo Eaceo.
Euribiade: Tu hai un po’ di confusione in testa, ragazzo mio. Lascia che ti spieghi come stanno le cose. Eaco è un Giudice Infernale… un sottoposto di Hades. Nient’altro. E tu, caro mio, sei un Saint di Athena. Quella Silver Cloth che hai addosso ce l’hai per proteggere lei, non Eaco.
Policrito (alterandosi non poco): Proteggere Athena?! Cosa ha mai fatto Athena per me? Eaco ha fondato la nostra gloriosa patria. Ci ha dato un tetto, una ragione per cui vivere e combattere, un ideale in cui credere!
Euribiade (arretrando velocemente): Non esiste peggior sordo…
Policrito (lanciandosi alle spalle l’elmo e i bracciali del Sagittario): Essere un Saint di Athena significa essere come te, che fuggi dinnanzi al nemico? No, grazie.
Euribiade: Non sto fuggendo. La mia è una mossa strategica.
Policrito (correndo incontro a Euribiade, in mezzo ai cadaveri degli opliti): Strategica come lo era fingersi morto? Tu non meriti di stare al fianco del messia. Assaggerai il calcio mortale della Mosca!
Euribiade: No, strategica come permettere al mio compagno di farti lo sgambetto.
Policrito: Cos…?!
Aristodemo, che era rimasto tutto il tempo sdraiato, tende la gamba. Policrito inciampa e cade riverso a terra
Aristodemo: ORA, SIGNOR EURIBIADE!
Euribiade: Bene! INFINITY BREAK!!!
Euribiade tempesta con i suoi colpi la schiena di Policrito.
Euribiade: Un gioco da ragazzi! Povero Silveruccio da strapazzo. Ecco cosa succede a sfidare un Gold Saint!
Aristodemo (rialzandosi in piedi): Certo che sono proprio fuori di testa questi Egineti…
Dissipata la nuvola di polvere causata dalla tecnica di Euribiade, i due Saint vedono avanzare a passi misurati un Policrito ancora nel pieno delle sue forze.
Policrito: Tutto qui quello che sono in grado di fare i Saint di Athena? Comportarsi come dei vigliacchi?
Euribiade: Attento a come parli, mio caro invasato. Se sei ancora vivo è solo… solo perché ho avuto pietà di te. E ora, bada bene, sono io a offriti un’ultima possibilità di salvezza. Vedi di girare i tacchi e andartene o mi arrabbio sul serio!
Policrito (guardando di colpo in direzione del bosco sacro): Il cosmo di mio padre. È come se si fosse spento. Devo correre da lui!
Policrito corre via.
Euribiade (urlando nella direzione in cui è corso via Policrito): Ecco bravo, ti conviene! Vedo che l’hai capita! Vigliacco! Sì… tu… TU sei un vigliacco!
Aristodemo: Signor Euribiade, quindi la scommessa…
Euribiade (raccogliendo i pezzi della sua armatura): Per la scommessa c’è ancora tempo. A te sembra che la missione sia già conclusa? A te sembra che la notte sia finita e che stiamo tornando a casa? A me non sembra.
Aristodemo: Sì, certo, non volevo…
Euribiade (mettendo un braccio sulle spalle di Aristodemo): Tu sei scettico, io te lo leggo negli occhi, stronzetto… E questo è grave perché vuol dire che non hai fiducia nei tuoi superiori… che non hai fiducia in me, il sommo Gold Saint del Sagittario. Aspetta ancora una mezz’ora e poi tieniti pronto a scucire il tuo misero talento d’argento.
Aristodemo: Sì, però, nel caso che… No, dico, se per assurdo lei non dovesse…
Euribiade: Te ne do dieci di talenti. Sì, hai capito bene, ho detto dieci. E ora zitto e cammina. Andiamo a raggiungere i nostri re. Vedrai se non ti faccio fuori io il boss finale, vedrai…
Aristodemo: Eppure Policrito ha detto che il cosmo di suo padre era già…
Euribiade: HO DETTO: MUTO! E ubbidisci a un ordine quando ti viene impartito, no? Muto e cammina!