SAINT SEIYA CHRONICLES:
FIRST BLOOD

CAPITOLO F.03
ALLA CORTE DI RE DARIO (prima parte)


 
Susa, estate dell’anno 491 a.C.
Re Dario I sta cenando in una delle sontuose sale situate nella parte nord-ovest del palazzo reale hadish, in compagnia di alcuni ospiti di eccezione. Ognuno dei partecipanti è accomodato su un lettino. Le pietanze sono distribuite su alcuni tavolini a portata di mano dei commensali e talvolta vengono servite da alcune procaci ancelle.
Alla sinistra di Dario è sdraiato l’anziano Ippia, ex tiranno di Atene e Silver Saint del Cane Maggiore, vestito, per l’occasione, con un prezioso kilat, la veste d’onore riservata esclusivamente al re e al suo più stretto seguito.
Alla destra del re è seduto, invece, suo fratello Artabano, sempre prodigo di buoni consigli. Sua, infatti, è stata l’idea di organizzare il banchetto, al fine di offrire a Dario i pareri dei suoi più fidi collaboratori sulla guerra in corso.  
Sempre sulla destra, ma in posizione molto più ritirata rispetto agli altri commensali, vi è un altro fratello del re, il silenzioso Artaferne: occhiaie bluastre, sguardo costantemente basso e, sul viso, ancora ben visibili i segni delle dolorose ustioni che ricevette sette anni prima durante l’incendio di Sardi a opera degli Ateniesi e degli Eretriesi.
Dario: Ringrazio tutti i miei ospiti per essere qui a condividere il mio desco. In particolare ringrazio Artaferne, giunto da Sardi per farci dono della sua presenza e dei suoi preziosi consigli.
Artaferne (con una smorfia): Mpf!
Ippia (ingozzandosi di cibo): Questa selvaggina è davvero… mmhhh… deliziosa… Niente a che vedere con quello schifo della cucina ateniese!
Artabano: Ippia, non sta bene mangiare in quel modo mentre il Re sta ancora parlando!
Dario: No, lascialo fare, Artabano. Avevo finito. Inoltre è una gioia per gli occhi vedere il nostro ospite ristorare il proprio corpo e il proprio spirito grazie alle nostre specialità locali.
Ippia (sputacchiando cibo): Ben detto! Volete sentirla una cosa parecchio interessante?
Artabano: Uff… Sentiamo…
Ippia: Stanotte ho sognato di giacere con mia madre.
Artaferne: Ma che…?!
Dario scoppia in una fragorosa risata.
Artabano: Ippia, ma che schifo! Non solo hai sognato una roba del genere, ma poi… ti sembra il caso di venire a raccontarcela?
Ippia: Fermi, fermi! Cosa avete capito? Il mio era chiaramente un sogno profetico! Bisogna sempre saper cogliere i segni del fato! Significa che presto ritornerò a essere il tiranno di Atene… Naturalmente come tributario e alleato dell’impero persiano!
Artabano: Sì, certo. E secondo quale assurda chiave di lettura un sogno del genere potrebbe significare… Ah, lasciamo perdere! A proposito di Atene, Dario, se non sbaglio è da un po’ che hai lasciato qualcosa in sospeso…
Dario: Niente affatto! Stai a vedere! Coppiere!
Entra nella sala il coppiere con una brocca in mano e, giunto innanzi al re, fa per versargli del vino.
Dario: No, fermo! Cosa devi dire prima?
Coppiere (con aria svogliata): Signore, ricordati degli Ateniesi!
Dario: Non è una forza? Me lo faccio ripetere almeno tre volte a ogni pasto, così sono sicuro di non scordarmelo.
Artaferne (sbattendo un pugno su un tavolino): ORA BASTA! Tutto questo è ridicolo! Sono passati sette anni… Sette anni da quando io, tuo fratello, sono rimasto gravemente ferito durante il saccheggio di Sardi e tutto quello che sei riuscito a fare in tutto questo tempo è stato farti ripetere una stupida frase da un servetto?
Dario: Io non lo chiamerei “servetto”…
Artaferne (alzandosi e indicando Ippia): E poi cosa ci fa qui quello? Perché un sudicio ateniese è seduto al nostro desco di famiglia? Come hai potuto dargli quei vestiti? Come puoi trattarlo come un principe? Perché hai questo brutto vizio di premiare tutti coloro che ci sono nemici?
Ippia (pulendosi il naso con l’indice): Bah, ma che fratello maleducato che hai, Dario. Mi sento ufficialmente offeso.
Artaferne (avvicinandosi a Ippia): Ora ti metto le mani addosso. Vedrai come ti sentirai offeso, tra poco…
Coppiere (frapponendosi tra i due): Signore, la prego di calmarsi…
Artaferne (con occhi di fuoco): Tu, come osi parlarmi in questo modo? Stai al tuo posto, servetto!
Artaferne si avventa sul coppiere. Il coppiere volge subito lo sguardo verso Dario e questi gli fa un cenno di assenso. Il coppiere reagisce fulmineo all’attacco stendendo l’avversario e bloccandolo a terra.
Dario: Artaferne, ti presento Ema. Oltre a essere il mio coppiere è anche la mia guardia del corpo personale.
Artaferne: Lasciami! Dario, digli di lasciarmi andare o giuro che io…
Dario fa un cenno a Ema, che, con uno scatto, libera l’avversario e indietreggia di qualche passo.
Artaferne (rialzandosi): Dario, dannazione, sono un tuo ospite. Come puoi trattarmi così?! Ma… Aspetta! Hai detto “Ema”?! Ho già sentito questo nome. Non dirmi che…
Dario: Sì, i fratelli Ema e Kokalo. Erano a capo dei Traci Brigi che l’anno scorso hanno messo in ginocchio le truppe di Mardonio.
Artaferne: Ora ricordo. Mardonio è rimasto gravemente ferito in quello scontro. E tu naturalmente li hai portati a corte!
Dario (alzandosi dal lettino e avvicinandosi al fratello): Artaferne, devi capire che non possiamo metterci allo stesso livello dei nostri avversari. Non possiamo pretendere di dominare il mondo intero se i popoli che lo occupano non sono in armonia tra di loro. La guerra è solo un passaggio obbligatorio che dobbiamo superare e lasciarci di volta in volta alle spalle, se vogliamo creare la pace e l’unione all’interno dei nostri confini.
Artaferne: No, fratello! La guerra non è solo una spiacevole incombenza. Se vogliamo veramente conquistare questo mondo dobbiamo metterlo a ferro e fuoco. Gli occidentali sono degli animali e con loro la sottomissione è l’unica soluzione possibile. La guerra è il fine ultimo, non un mero strumento!
Ema: Queste parole… Tu l’hai visto, non è vero?
Artaferne: Come dici?!
Ema: Tu l’hai visto… nelle fiamme… Lui ti ha parlato!
Artaferne impallidisce e inizia a sudare freddo. Artabano sorride soddisfatto.
Dario (riaccompagnando Artaferne al suo lettino): Lo sapete? Il nostro Ema è un viaggiatore. Lui e suo fratello sono partiti da terre lontane per conoscere i luoghi di diffusione del loro popolo e i principali luoghi di culto dei loro dèi. Giunti in Tracia, hanno dovuto superare dure prove per farsi accettare dai Brigi, ma alla fine sono riusciti addirittura a diventare due dei loro più importanti comandanti. Non trovi meraviglioso che due uomini del genere siano ora al nostro servizio? Kokalo non è qui con noi perché si occupa personalmente della cura dei miei cavalli migliori. Ci sa davvero fare, sapete?
Artaferne: Dario… tu non hai mai avuto intenzione di consultarti con noi sulla guerra, vero?
Dario (ritornando al suo lettino): Sì, può darsi. Artabano mi ha consigliato di organizzare questo incontro, ma in realtà avevo solo voglia di rivedervi. Artaferne, abbi fiducia in me. Non sono mai stato con le mani in mano come mi accusi. La Ionia è ancora in subbuglio e occorre parecchio lavoro e diplomazia per stabilizzare completamente la situazione. Non ho mai dimenticato l’offesa degli Ateniesi, ma ci vuole pazienza in queste cose. Giurai vendetta nei loro confronti, è vero, ma quello che ci occorre è una azione mirata e strategica al momento giusto. Il nostro obiettivo è la conquista dell’Ellade e non dare voce ai nostri istinti più bassi.
Artaferne: Dario, il mio corpo soffre ancora per le ferite e le ustioni che ricevetti quel giorno. Non puoi comportarti così nei confronti dei tuoi familiari soltanto perché sei tu a portare in testa quella corona.
Ippia: Tsk! Quale insolenza…
Dario (alzandosi di nuovo): Basta così, Artaferne. Ti preferivo quando eri muto e silenzioso. Si è fatto tardi. I miei servi vi accompagneranno alle vostre stanze. Riparleremo di queste faccende in un’altra occasione, magari quando tu, Artaferne, ti sarai dato una calmata.
I servitori di Dario accompagnano gli ospiti alle loro stanze. Mentre si allontana dalla sala, Artaferne tiene gli occhi puntati su Ema. Artabano osserva la scena divertito.